Impresa familiare: equiparazione al coniugio o all’unione civile della convivenza di fatto
Con la sentenza 25 luglio 2024, n. 148 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 35 e 36 Cost., dell’art. 230-bis, comma 1, c.c., nella parte in cui non include nel novero dei familiari il convivente more uxorio, e in via consequenziale dell’art. 230-ter c.c., che applica al convivente di fatto che presti stabilmente la propria opera nell’impresa dell’altro convivente una tutela inferiore rispetto a quella prevista per il familiare, poiché il convivente di fatto dell’imprenditore va inserito nell’elenco dei soggetti legittimati a partecipare all’impresa familiare di cui al terzo comma dell’art. 230-bis c.c. e quindi prevedendo come impresa familiare quella cui collabora anche «il convivente di fatto», cui vanno dunque riconosciute le stesse prerogative patrimoniali e partecipative del coniuge e della persona unita civilmente all’imprenditore.