L’ordine di demolizione degli abusi edilizi non ha funzione punitiva ma riparativa
Pronunciandosi su un caso “italiano” in cui si discuteva della legittimità dell’ordine di demolizione di un manufatto abusivo di proprietà di un uomo, ordine disposto dall’autorità giudiziaria, la Corte di Strasburgo ha dichiarato inammissibile, all’unanimità, il ricorso con cui si faceva valere la violazione sia degli artt. 6 § 1 (diritto a un giusto processo) e 7 (nulla poena sine lege) che dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 (protezione della proprietà) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Il caso riguardava un ordine di demolizione emesso con una sentenza del 1997 che condannava il ricorrente per la costruzione abusiva di un magazzino agricolo di 200 mq in Sicilia. La Corte ha ritenuto, in particolare, che, nonostante l’ordine di demolizione in questo caso fosse stato emesso dal giudice penale, lo scopo era stato funzionale al ripristino, ovvero di riportare il sito al suo stato precedente, non avendo quindi l’ordine di demolizione scopo punitivo. Dato ciò, non si era in presenza di una “pena” ai sensi dell’articolo 7 della Convenzione (nulla poena sine lege) e l’ordine di demolizione non poteva essere soggetto al termine di prescrizione. La Corte ha dunque respinto il reclamo ai sensi di tale disposizione (CEDU, Sez. I, 12 settembre 2024, n. 35780/18).