Il rifiuto di avere rapporti sessuali con il coniuge non legittima la separazione con addebito
Pronunciandosi su un caso “francese” in cui si discuteva della legittimità dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria che avevano addebitato ad una donna la responsabilità del fallimento del rapporto coniugale con l’ex marito (c.d. divorzio per colpa) per essersi la stessa rifiutata di manifestare il proprio consenso ai rapporti sessuali con quest’ultimo, la Corte EDU, Sez. V, 23 gennaio 2025, n. 13805/21 ha ritenuto, all’unanimità, che vi fosse stata la violazione dell’articolo 8 (diritto al rispetto della casa privata e familiare) della Convenzione EDU. Il caso, come anticipato, riguardava un divorzio per colpa in cui la colpa era stata attribuita esclusivamente alla ricorrente, in quanto aveva cessato di avere rapporti sessuali con il marito. La ricorrente non si lamentava del divorzio in sé, che aveva anche chiesto, ma piuttosto dei motivi per cui era stato concesso. La Corte di Strasburgo ha rilevato che il concetto di “doveri coniugali”, come previsto nell’ordinamento giuridico interno e ribadito nel caso di specie, non teneva in alcun modo conto del consenso ai rapporti sessuali. L’inadempimento dei doveri coniugali poteva, alle condizioni stabilite dall’articolo 242 del Codice civile, essere considerato una colpa che giustificava la concessione del divorzio. Potrebbe anche comportare conseguenze pecuniarie e, in determinate circostanze, costituire la base per una richiesta di risarcimento danni. La Corte di Strasburgo ha concluso che l’esistenza stessa di un simile obbligo coniugale era in contrasto con la libertà sessuale, il diritto all’autonomia fisica e l’obbligo positivo di prevenzione degli Stati contraenti nel contesto della lotta alla violenza domestica e sessuale. Nel caso di specie, la Corte non ha potuto individuare alcuna ragione idonea a giustificare tale ingerenza delle autorità pubbliche nell’ambito della sessualità. Ha rilevato che il marito della ricorrente avrebbe potuto presentare istanza di divorzio, adducendo come motivo principale la rottura irreparabile del matrimonio e non, come aveva fatto, come motivo alternativo. La Corte ha concluso che la riaffermazione del principio dei doveri coniugali e la concessione del divorzio per colpa esclusiva della ricorrente non erano basate su ragioni pertinenti e sufficienti e che i tribunali nazionali non avevano assicurato un giusto equilibrio tra gli interessi concorrenti in gioco. Ne consegue che vi era stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione EDU.