Movida eccessiva, il Comune di Torino condannato a risarcire i residenti
La Corte d’Appello di Torino ha condannato il Comune di Torino per il troppo rumore della movida, nel quartiere di San Salvario, per non aver cioè adottato le misure necessarie per contenere i rumori notturni provocati dai locali e dai loro avventori. Già in primo grado l’amministrazione civica era stata condannata ad un risarcimento di oltre un milione di euro, che ora invece è stato ridotto a 200 mila euro. Tuttavia è stato anche ordinato alla Città di prendere provvedimenti per contenere e far cessare le “immissioni intollerabili” che disturbano il riposo dei residenti: i giudici hanno concesso sei mesi di tempo per risolvere il problema della ‘malamovida’ altrimenti dovrà essere pagata una penale, di dieci euro al giorno, ai 29 residenti del quartiere che hanno intentato la causa.
La causa era stata intentata nel 2018 dai 29 residenti assistiti dagli avvocati Silvia Bortolotti, Marco Buffa e Alessandro Sodde, che nella primavera del 2021 aveva riconosciuto il danno patito quantificando il risarcimento in un milione e 200 mila euro. Il consulente tecnico aveva infatti accertato mediante i rilevamenti fonometrici, l’ampio superamento dei limiti di legge, identificando soprattutto l’origine del rumore “nelle urla e negli schiamazzi, e nel parlato a voce alta che scaturisce dal flusso massiccio e costante di persone che transitano, stazionano e intralciano le vie e il largo Saluzzo e di avventori dei locali commerciali in genere”.
Erano stati presi in considerazione diversi elementi di prova, tra cui le rilevazioni dell’Arpa, stabilendo che tra il 2013 e il 2020 il Comune avesse omesso di adottare provvedimenti per contenere il fenomeno della movida, violando il diritto alla salute, al riposo, e alla tranquillità nottura dei residenti. Anche in secondo grado la tesi degli avvocati dei residenti ha retto: “Questi diritti sono tutelati dalla Costituzione e dalla corte europea dei diritti dell’uomo – spiega l’avvocato Bertolotta – tuttavia stupisce la riduzione del risarcimento che c’è stata e che noi contestiamo, ritenendo che il diritto al sonno valga molto di più”.
In primo grado non erano state accolte però le due domande che caratterizzano invece questa sentenza, la prima era quella in cui si chiedeva di ordinare al Comune di riportare il rumore nei limiti di legge, la seconda era stata di imporre una penale per ogni giorno di inadempienza, ritenendo che fosse difficile stabilire cosa potesse ijn concreto fare l’amministrazione per ridurre le immissioni sonore. Secondo i legali, le soluzioni sono invece possibili (ridurre le licenze o il numero di dehors, e attuare un piano di risanamento acustico), ma sinora nulla è stato fatto, tanto che i residenti lamentano che ancora di recente la situazione è rimasta invariata.